Il mare rappresenta l’ultimo ambiente selvatico a cui l’umanità si rivolge per procurarsi il cibo.

Salvo poche eccezioni, tutti gli altri alimenti provengono da contesti artificiali: allevamenti o coltivazioni. Questa differenza è di grandissima importanza, perché impone di avere rispetto dei ritmi di riproduzione delle popolazioni in un ambiente naturale, di non inquinare, di non distruggere. Se questi semplici regole non verranno rispettate, non si tratterà di un “prelievo”, ma di un furto. La conseguenza non sarà solo l’estinzione di questa o quella specie in particolare.

Ogni volta che un ambiente perde un suo abitante diventa più debole e fragile.

Come se ad un organismo venisse tolto un organo, sopravviverebbe, ma ne risulterebbe indebolito. Inoltre l’ambiente si riorganizza per colmare il vuoto lasciato da quella specie… e non sempre questa riorganizzazione è “piacevole”, nè per la natura nè per l’uomo.
Considera questo esempio: hai notato che le meduse sulle spiagge sono decisamente aumentate negli ultimi anni? Tale incremento è stato causato dal fatto che l’umanità si è mangiata (letteralmente), negli ultimi 50 anni, circa il 90% dei grandi predatori marini. Tali predatori sono voraci mangiatori di meduse. Di conseguenza questa abbondanza di meduse, oltre a disturbare i bagnanti in acqua, causa un’elevata predazione sul plancton. Nel plancton si trovano le fasi larvali di moltissimi animali, tra cui i pesci, che trovano perciò ancora più difficoltà nel generare individui adulti. E così via.

Nel 2006 l’illustre biologo marino Boris Worm (Dalhousie University, Canada, in “Impacts of Biodiversity Loss on Ocean Ecosystem Services”, Worm et al. 2006)) stimava che entro il 2048, se nulla fosse cambiato (quindi uno scenario teorico), tutti i pesci sarebbero stati commercialmente estinti.

Un mare senza pesci, torbido e pieno di meduse, plancton e vermi, rappresenta uno quadro molto allarmistico, anche se teorico, che minaccia la nostra idea di mare. Ti ci vorresti ancora tuffare?

La cosa più semplice ed efficace che tu possa fare, per impedire che questo scenario si verifichi, è scegliere di consumare pesce sostenibile, ovvero scegliere con attenzione il pesce che mangi.

La tua scelta di consumare pesce sostenibile genera un’azione diretta verso gli ecosistemi.

E’ una richiesta che risalendo la filiera, dal banco del pesce o dal ristorante, arriva direttamente al pescatore, che dovrà a questo punto soddisfare i bisogni, o le preferenze, di chi segue nella filiera stessa, fino a giungere a te, consumatore.

Cosa puoi fare? Incomincia da qui.

Come scegliere il pesce selvatico?

  1. Scegli prodotti che costano poco: il prezzo del pesce selvatico caratterizza i prodotti che sono abbondanti nell’ambiente.
  2. Scegli prodotti a ciclo vitale breve: gli animali che vivono meno si riproducono più velocemente e sono meno ricchi di inquinanti pericolosi, come il mercurio.
  3. Scegli prodotti pescati con metodi tradizionali: più l’attrezzo di pesca è piccolo e meno è dannoso (fatti aiutare dalla guida agli attrezzi da pesca). Da Dicembre 2014 per legge deve essere indicato sull’etichetta l’attrezzo di pesca utilizzato per la cattura.
  4. Scegli prodotti di stagione e provenienti da mari vicini a te: leggi bene l’etichetta e chiedi informazioni aggiuntive a chi ti vende il pesce. Chiedi se stai comprando un prodotto sostenibile. Se non sei sicura, rinuncia all’acquisto. Manderai un fortissimo segnale alla filiera e la tua azione farà una grande differenza!
  5. Non mangiare pesce più di 2 volte alla settimana: questa è la quantità che può rendere il tuo consumo sostenibile.